Se una notte di tempesta una nomade...

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  1. Silian
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    [exp 4230 DÉSEFA #0082C3 (30r100x2)] [DENARO: 200 Mo RdT; DEPOSITATO: 800 Mo RdT ABBIGLIAMENTO: uniforme soldato NdF] [EV: 800, ABILITA': *schivata veloce* ARMATURA: //, ARMI: aliante]

    Se una notte una nomade, stufa di restarsene chiusa in un tempio con un branco di pazzoidi semipelate, decide di fare fagotto e svignarsela, ci sono poche persone al mondo capaci di fermarla.
    Se la nomade in questione è Desefa, le probabilità che tale azione riesca sono pari a zero.
    Se, inoltre, la notte in cui la suddetta nomade decide di alzare i tacchi è anche una notte di tempesta, potrebbe anche darsi che abbia qualche problema a mantenere la rotta. Sempre che ce l’avesse, una rotta.

    Perché per mantenere una rotta devi avere una mappa e saper leggere le stelle.
    E Désefa non ha una mappa, né sa leggere alcunché.
    Se è per questo non sa nemmeno scrivere. Ma questa è un’altra storia. Torniamo al discorso di prima. Che cosa stavo dicendo? Ah, si, la rotta. In parole povere, Désefa non aveva la più pallida idea di dove stava andando. Era bagnata fradicia. L’aliante era bagnato fradicio. I capelli erano anche fradici. E il vento la sballottava a destra e a sinistra.
    UNO SPASSO!!! Probabilmente non si divertiva tanto da quando aveva rubato la gamba di legno al venditore di pentole dietro l’angolo di casa. L’aveva inseguita per mezza città saltellando su un piede solo, con un forchettone in mano. WHOOOOOSHHHH…..una folata più potente delle altre le fece fare un doppio salto mortale avvitato a mezz’aria. Lo stomaco si attorcigliò come uno strofinaccio bagnato. Dés aprì la bocca…e ne uscì una delle sue risatacce da osteria, decisamente sguaiata.

    Osteria…le aveva fatto venire in mente qualcosa.
    Qualcosa che le mancava.
    E, dato che le mancava, al momento non si ricordava di cosa si trattasse.
    Cibo? Naah…Acqua? Bah…ce n’era talmente tanta che bastava aprire la bocca per averne a sufficienza. Cos’era…boh…mentre una regione remota della sua mente contorta cercava di venire a capo di questo enigma insondabile, il resto del cervello cercava inconsapevolmente un modo per evitare di sfracellarsi contro gli scogli dell’isola che era apparsa all’improvviso.

    Isola?! Ma non stava sorvolando una foresta? Poco male, non è che cambiasse un granché. E…giusto, gli scogli.
    Si stava schiantando. Ops...
    Radunò tutte le forze e richiamò a sé il dominio, costringendo una delle raffiche di vento a trascinarla fuori traiettoria. SWISSSHHHH....Si trovò a sorvolare quello sputo di terra ad almeno cento metri di altezza, sotto la pioggia battente. Era un grumo piccolo piccolo, tutto sassi ed alberi.

    Ed una lucina in mezzo. Una lucina gialla, come quella della taverna di Terfo. Taverna. Taverna cibo? No. Ma c’era andata vicino.
    Taverna piatto. Nemmeno.
    Taverna piatto boccale. Uffa.
    Boccale bicchiere, boccale bicchiere.
    Bicchiere…bi…bi...BI! SIIII! BIRRA!!! Ecco cosa stava cercando!

    Non è che ci pensò molto, quando si tuffò in picchiata verso la lucina in questione. E non ci pensò neanche poi tanto quando virò all’ultimo secondo, a mezzo metro dal suolo fangoso davanti alla taverna. Peccato, non era riuscita a rallentare. Schizzò come un tappo di bottiglia verso una finestra.
    Toh, era aperta. Ma anche se fosse stata chiusa sarebbe entrata lo stesso, non era certo un vetro che poteva fermarla.

    Una specie di palla di stracci bagnati piombò al centro della locanda, disseminando acqua per ogni dove.
    Poi la palla roteò rapidamente su sé stessa, inondando di nuovo i malcapitati ospiti nel suo raggio d’azione.
    Poi si fermò di botto ed atterrò sul tavolino centrale di Pai Sho. Tutte le pedine schizzarono per terra ma i giocatori non protestarono: erano troppo impegnati a fissare a bocca aperta la ragazza fradicia in piedi in mezzo a loro.
    Désefa alzò un braccio. ”Osteeee!! Una bionda grande, preeeego!! E bella fresca" strillò alla volta del bancone.

    Edited by Silian - 31/7/2011, 07:52
     
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    [(#FF007F) EXP 1.080 (30r100x2)][DENARO: 50 mo RdT+ ABBIGLIAMENTO: tunica verde chiaro, larga e lunga fino ai piedi, grembiule giallo, pantaloni color senape e sandali ai piedi. Capelli fermati da una fascia verde come la tunica][EV: 300, ABILITA': // ARMATURA: //, ARMI: coltello (on)]



    Un lampo illuminò a giorno la locanda e subito dopo il boato di un tuono riecheggiò tra i tavoli, senza che nessuno degnasse di particolare attenzione il finimondo che si stava scatenando là fuori. Haika risciacquò velocemente un bicchiere, asciugandolo con uno straccio che aveva visto sicuramete tempi migliori. Erano tre giorni che pioveva ininterrottamente: nessuno si sarebbe messo per mare in mezzo a quel diluvio e la Nazione del Fuoco sembrava non fare eccezione... da giorni aspettava di ricevere informazioni sul nuovo carico, ma erano arrivate solo voci contraddittorie. Si era fermato a Omashu... avevano cercato una nuova rotta a sud dell'isola di Ember... era andato disperso... certo! Come se fosse possibile che il Signore del Fuoco permettesse una cosa del genere. Era più probabile che avesse arrostito di persona tutti i suoi marinai. Posò il bicchiere sotto il bancone e passò distrattamente ad asciugare il secondo: non c'era molto da fare quella sera. Quasi tutti gli clienti abituali sembravano aver deciso di rimanersene al caldo a casa loro, a parte un paio di vecchi giocatori di Pai-Sho, che insistevano da ore su una partita che non accennava a sbloccarsi. Erano diverse ore, ormai, che se ne stavano lì a squadrarsi a vicenda, cercando di anticipare le mosse avversarie.

    Haika fu tentata di andare da loro e spostare quel loto rosa due caselle più in là. Se ne stava lì da diversi minuti senza che l'uomo barbuto si rendesse conto che avrebbe potuto facilmente chiudere la partita. O forse lo sapeva? Forse lo ignorava di proposito, per continuare quella partita il più a lungo possibile, per non dover tornare a casa da quella vipera a sonagli di sua moglie... l'aveva incrociata, una volta... e le aveva fatto ringraziare il giorno in cui i pirati avevano attaccato il suo villaggio, servendole su un piatto d'argento una via d'uscita da quella vita insulsa.

    Stava ancora rimuginando sul motivo che spingeva due vecchi a starsene lì da soli a tracannare alcolici invece che andarsene a dormire quando la porta si spalancò all'improvviso con un tonfo secco e un soldato della Nazione del Fuoco, bardato di tutto punto, si fece avanti. Haika sussultò, mentre i suoi sensi scattavano all'improvviso, ricordandole che c'era una porta sul retro: doveva solo trovare una scusa per allontanarsi un momento, poi avrebbe potuto nascondersi giù al porto. Nessuno sarebbe riuscita a trovarla in mezzo a quella tempesta... ma prudentemente resistette all'impulso di darsela a gambe: "rilassati, fai finta di niente. Non sono qui per te..." si disse, cercando di apparire il più naturale possibile.

    ”Osteeee!! Una bionda grande, preeeego!! E bella fresca" strillò la voce di una ragazzina. Era sola. Superato il primo istante di sorpresa il vecchio giocatore di Pai Sho iniziò a lamentarsi: "non c'è più rispetto tra i giovani d'oggi. Hanno un'uniforme e credono di poter fare tutto quello che gli pare... ma ai miei tempi..." gracchiò, iniziando a rievocare di quando aveva combattuto per il Regno della Terra. Eppure non sembrava arrabbiato, anzi. Haika avrebbe detto che sembrava quasi felice mentre, lentamente, cominciava a raccogliere tutte le pedine insieme al suo compagno di gioco.

    "Dieci monete e avrai la tua bionda, altrimenti quella è l'uscita... e cerca di non inzaccherare l'intera locanda, che poi mi tocca pulire!" strillò Haika a sua volta, riprendendo ad asciugare i bicchieri. Dietro l'apparente disinteresse la sua mente, intanto, lavorava frenetica: la Nazione del Fuoco sospettava qualcosa? Che ci faceva un soldato, lì, da solo?
     
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  3. Silian
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    Col mio computer non vedo i codici di colore non numerici. Il tuo li legge? Non so se è colpa del browser...

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    "Dieci monete e avrai la tua bionda, altrimenti quella è l'uscita... e cerca di non inzaccherare l'intera locanda, che poi mi tocca pulire!" rispose qualcuno in tono sbrigativo.
    Dés si guardò intorno.
    Ma dov’era?
    Ah, si! La tipa che aveva parlato stava rintanata dietro il bancone, strofinava un bicchiere con qualcosa di marroncino. Sembravaun malloppo di ragnatele.
    Dés si strinse nelle spalle. Poi sentì brontolare uno dei due vecchi seduti al tavolo. Ce l’aveva con la gente in uniforma. Guardò meglio i due giocatori e si rese conto che non c’era altra gente nel locale. Mmmmmh…Solo DUE vecchi? Uffa che mortorio! A Ba Sing Se le taverne erano sempre piene e si poteva anche giocare d’azzardo. Prima che Iris spaccasse tutto.
    Qui no, comunque.
    Poi le tornò in mente una parte del commento dell’uomo.
    Uniforme.
    Uniforme uguale soldati.
    Soldati?! Dove?! Si guardò intorno, aspettandosi di vedere da un momento all’altro due o tre tipacci con l’armatura poggiati alle colonne di legno consunto del locale. Niente. Destra…vuota. Sinistra…nessuno. Si voltò di scatto…magari le stavano tagliando la via di fuga!! Ancora nulla. Si mise le mani sui fianchi. Cercava di venire a capo dell’enigma. Stava in piedi, in mezzo al locale, gocciolava acqua a tutto spiano e batteva a terra ritmicamente un piede per farsi venire in mente la soluzione. Perché ce l’aveva sulla punta della lingua.
    Sotto di lei si stava rapidamente formando una bella pozzanghera.
    Le mani poggiate sui fianchi incontrarono una strana stoffa. La tastò sovrappensiero per qualche secondo. Era…bagnata. Toh, che strano! Ma…certo che era bagnata, aveva volato con l’aliante per ore sotto la pioggia. Come si era divertita! Ma non era quello il punto. Non sembrava la stoffa del suo vestito normale. Non aveva addosso la sua tunica, no. Si guardò perplessa. E si vide addosso una uniforme. Un ‘uniforme della Nazione del Fuoco.
    Strano, non ricordavo di essermi arruolata, tantomeno nell’esercito di mia sorella. Forse…mi sono infiltrata nelle sue truppe per prenderla alle spalle? Che bella idea! Peccato, non ricordo un granché…mi sa che l’altra sera ho un po’ esagerato con la birra? Ma no, non esagero mai, io. MA certo! Si diede una manata sulla fronte, ora ricordava!
    Si era messa quella roba prima di svignarsela, era il vestitino che aveva tolto al soldato un mese prima. E che aveva dimenticato di restituirgli. Magari il suo padrone girava ancora per il tempio in mutande. Il pensiero le scatenò un immediato attacco di ridarella, che controllò quasi subito. Ridere in una locanda vuota non le piaceva.
    Ora che la stoffa era bagnata aveva ceduto e le stringeva il torace un po’ di meno. Doveva avere i suoi vestiti arancioni da qualche parte ma al momento non aveva voglia di frugare nella borsa a controllare, aveva ancora una questione in sospeso. Eh si, stavolta si ricordava bene.

    La sua birretta! Forse consapevole, forse no, del fatto che stava lasciando una scia fradicia lungo le assi del pavimento si avviò con salti soffici verso il bancone. Avrebbe sperato in un po’ più di gente in giro. Di solito con tante persone si sgraffignava sempre qualcosa. Magari l’oste ti lasciava anche uscire senza pagare. Ma qui si sarebbe di sicuro ricordato, visto che erano in pochi. E lei iniziava ad essere un po’ stanca di svolazzare. Sempre saltellando arrivò nei pressi della scontrosa pulitrice di bicchieri, slegò i cordoni del suo borsellino e depositò dieci monete tintinnanti sul legno unticcio che le separava [-10 mo].
    ”E non fare come certa gente, che mette tutta schiuma. Io me ne accorgo, sai, zuccherino?” cinguettò con aria vaga, strizzandole un occhio.
     
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    Era pronta a tutto: delle scuse... sì, beh, questa era la più improbabile, ma la speranza non muore mai. Insulti, questa era certamente più facile da parte di uno dei tirapiedi del Signore del Fuoco. Era pronta perfino alle minacce di morte, non sarebbe stata la prima volta da parte di qualche soldato della Nazione... ma sapeva cavarsela, in fondo era ancora lì e la cosa non la preoccupava particolarmente. Se la sarebbe cavata, come sempre. Quello a cui non era pronta era invece un silenzio improvviso. Ripose il bicchiere sotto al bancone e alzò lo sguardo per vedere se la forestiera si trovava ancora lì. Sì. Era ancora lì e si guardava attorno spaesata, come in cerca di qualcosa, mentre un piede tamburellava ritmicamente sulle assi di legno. Haika le lanciò un'occhiata sospettosa. Aveva visto abbastanza soldati da sapere che un atteggiamento del genere sarebbe stato inaccettabile. I suoi capelli, fradici e arruffati, ricadevano disordinatamente sulle sue spalle. Nessun soldato andrebbe in giro conciato a quel modo. Non prima di iniziare a bere, almeno. Ma a tutto c'era una spiegazione... e la più probabile, in quel caso, era che la ragazzina non fosse affatto chi voleva far credere di essere. "Chi mai oserebbe indossare l'uniforme di un soldato della Nazione del Fuoco?" si chiese. Conosceva le pene per chi osava fingersi un soldato senza averne il titolo: solo una persona disperata, o particolarmente stupida, correrebbe un rischio del genere.

    La nuova arrivata iniziò a ridacchiare e Haika optò all'istante per la seconda teoria. Doveva essere una spostata che chissà come aveva trovato un'uniforme; ormai era chiaro che nessuno l'aveva scoperta, che non sarebbe stata arrestata e trascinata in qualche cella ad ammuffire... ma decise comunque di essere prudente. Se la straniera aveva un'uniforme doveva sicuramente aver incontrato dei soldati e se aveva incontrato dei soldati magari sapeva anche che fine aveva fatto il suo carico. Magari era la sua serata fortunata, chi poteva dirlo? Dieci monete tintinnarono sul bancone e Haika si affrettò a raccoglierle, cacciandosele nella tasca del grembiule. Solo una parte, ovviamente, sarebbe arrivata tra le mani del proprietario della locanda... non era propriamente "rubare"... era più che altro un modo per prendersi quella mancia che troppo spesso gli avventori si dimenticavano di lasciarle. Che male c'era a ritoccare un po' i prezzi, in fondo? La gente comprava comunque, in fondo la locanda più vicina si trovava sulla costa, a diverse ore di viaggio in nave. Pochi avrebbero osato lamentarsi.

    ”E non fare come certa gente, che mette tutta schiuma. Io me ne accorgo, sai, zuccherino?” cinguettò la ragazzina, aria smaliziata. Haika accennò una riverenza "come Sua Maestà desidera" rispose sarcastica, agguantando un bicchiere da sotto al bancone: lo risciaquò velocemente, poi lo inclinò sotto al rubinetto che aprì e richiuse con decisione appena il bicchiere fu pieno. Allora posò la birra sul bancone, di fronte alla nuova arrivata: era di un giallo scuro, dall'odore deciso, con non più di una, due dita di schiuma. "Mangi qualcosa? Ti preparo una stanza?" si informò senza troppi giri di parole.
     
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  5. Silian
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    Un ghigno soddisfatto si allargò sul visetto acerbo di Dés, mentre agguantava il boccale.
    Era talmente soddisfatta che non fece neppure caso al tono usato dall’altra.
    Era stata brava, non c’è che dire. Poca schiuma e buon sapore. Non che lei facesse troppo caso a quello che tracannava, alla fine bastava che fosse fresca, giallo ambra, con le bollicine e che non sapesse di acqua. Però se era cattiva se ne accorgeva subito. Li sentiva bene lei, i sapori.
    Sollevò di nuovo il grosso boccale e, quasi abbracciandolo, si avviò al tavolino più vicino. Si appollaiò, accucciata sulla sedia con i piedi sul sedile, prese un paio di sorsi. Poi cambiò posizione, poggiò il didietro sulla sedia ed i piedi nudi sul tavolo. La stoffa dell'uniforme aveva smesso di sgocciolare ma era ancora parecchio bagnata. L'alcol la stava aiutando a non sentire freddo ma quando sarebbefinito avrebbe dovuto cambiarsi.
    Sorseggiò ancora un po’ del liquido color ambra. I suoi piedi si trovavano esattamente lungo la linea d’aria che separava lei dalla cameriera. Che strano. Non l’aveva notato, ma i piedi nudi con l’uniforme non stavano un granché bene. Erano proprio buffi. Ghignò di nuovo, divertendosi ad agitare le dita dei piedi ben piantati sul legno levigato.
    Si voltò e rivolse un sorriso esagerato ai due vecchi del Pai Sho, che la fissavano basiti. Fece “ciao ciao” con la mano, agitandole dita, poi tornò a concentrarsi sulle dita dei propri piedi. Agita qui, agita là, si accorse che se allargava l’alluce ed il dito vicino (com’è che si chiamava? Mah…) riusciva a vedere la barista che lavorava dietro al bancone. Strizzò l’occhio come per vedere attraverso un cannocchiale mentre cercava di mantenere il contatto visivo.
    "Mangi qualcosa? Ti preparo una stanza?" la voce dell’altra le giunse come da una lontananza non ben identificabile. Assottigliò gli occhi e scosse la testa, come per scacciare una mosca fastidiosa. Doveva proprio rispondere? Uffa, le aveva fatto perdere il conto dei sorsi!
    ”Non lo so” rispose con tono annoiato, poi mandò subito giù un altro bel sorso. Che guastafeste questa qui, mi sta rovinando la bevuta. Non lo sa che ho bisogno di concentrazione? Si diceva pigramente, mentre scivolava sempre più avanti verso il bordo anteriore della sedia.
    Adesso che glie l’aveva fatto notare non riusciva a toglierselo dalla testa. Quel pensiero. Come quale?! Quello dell’alloggio.
    Mangiare, insomma, poteva anche evitare, ma era un po’ stanca quella sera, dopo tutto era tanto tempo che svolazzava in giro. Però non voleva pagare anche l’alloggio, sai quante birre ci compri con i soldi della camera? Bah, le avrebbe chiesto di dormire nella stalla.
    Si, bella idea, Dés.
    Detto, anzi, pensato ciò si dedicò anima e corpo alla sua birra, che ormai aveva raggiunto il mezzo del cammin del suo boccale. ”Senti, c’è sempre tutto questo mortorio qua dentro?” chiese facendo di nuovo il giro della stanza con lo sguardo. Poi, senza fare neanche troppo caso alla risposta chiese di nuovo ”E tu? Abiti sempre qui oppure ogni tanto ti stufi e vai a farti un giro?”. Di solito si faceva gli affari suoi, però quella sera era stanca e non vedeva anima viva da ore. E poi si era abituata ad avere VImala tra i piedi, sentiva quasi la mancanza del suo ciarlare implacabile.
    Ed ora sentiva decisamente freddo. Rabbrividì infastidita. Siguardò di nuovo intorno, individuò il caminetto dove ancora ardevano alcune braci ancora accese. Si sollevò silenziosamente dalla sedia mantenendo la stessa posizione orizzontale di quando era seduta, complice una folata d'aria evocata dal dominio e fluttuò per un attimo prima di rimettersi in piedi.
    Uno dei due vecchi si era bloccato a guardarla a bocca aperta, mentre l'altro che le dava le spalle sembrava non essersi accorto di nulla. Dés non ci fece caso. Si andò a sistemare sulla pietra del focolare, con le spalle verso il fuocherello. Così non faceva scaldare la birra. Così si che stava bene...
     
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    Haika riprese lo straccio e si mise a pulire il bancone senza particolare vigore, né interesse, più che altro perché quella sera non c'era niente di meglio da fare. Cautamente, tra una passata e l'altra, si guardava attorno, particolarmente interessata a quello che stava combinando la nuova arrivata. La vide mettersi a un tavolo, appollaiarsi in modo del tutto instabile sulla sedia per poi piazzare i piedi nudi e infangati su uno dei suoi tavoli. Ma chi si credeva di essere, quella mocciosa? Da un lato sembrava avere quell'arrogante sicurezza dei soldati della Nazione del Fuoco, dall'altro si comportava in modo troppo stravagante per far parte dell'esercito. Che fosse un pezzo grosso? Abbastanza in alto da potersi permettere un totale disprezzo per le regole?

    ”Non lo so” rispose con fare annoiato, dopo diversi istanti di meditazione. Haika scosse la testa. Stava solo perdendo tempo. O era una spostata e quindi era meglio girarle alla larga, o era qualche alto ufficiale e quindi, a maggior ragione, era meglio girarle alla larga. Sbuffò annoiata, rinunciando al proposito di scoprire qualcosa in più su quel carico, almeno finché non fosse stata sicura che la ragazzina non rappresentava una minaccia per la sua sicurezza. Silenziosamente afferrò lo straccio che aveva appena usato per pulire il bancone, raggiunse il centro del salone e si chinò a terra, iniziando svogliatamente ad asciugare il macello che l'altra aveva lasciato sul pavimento.

    ”Senti, c’è sempre tutto questo mortorio qua dentro?”
    chiese la ragazzina. Haika non la degnò nemmeno di un'occhiata, fermandosi un istante per strizzare lo straccio in una ciotola. "Non aspettarti il viavai che troveresti a Omashu, questa è una piccola isola, abitata per lo più da gente che ama starsene per i fatti propri... ma no. Oggi non c'è molta gente nemmeno per i nostri standard" rispose, gattonando verso la porta per seguire la scia d'acqua. Era assurdo come, fosse per mare o sulla terra ferma, finiva sempre ad asciugare assi di legno. C'era da dire che ormai aveva imparato a farlo per bene, ma era certamente ora per un salto di carriera. Dannati mercantili chiusi in chissà che porto!

    ”E tu? Abiti sempre qui oppure ogni tanto ti stufi e vai a farti un giro?” chiese la ragazza. Ecco. Quello era il genere di domande che Haika non sopportava nel modo più assoluto, ma fu pronta a rispondere: "la mia famiglia vive in un piccolo villaggio nei pressi della foresta di Wu Long, di tanto in tanto vado a trovarli, ma con il mare in queste condizioni è impensabile muoversi dall'isola. Certo, hai avuto un bel coraggio a metterti in viaggio con un tempo come questo!" suggerì, sperando che continuasse il discorso. Era più forte di lei. Una specie di "deformazione professionale". Per quanto non le importasse alcunché della ragazzina non riusciva a fare a meno di accumulare quante più informazioni possibile sul suo conto.

    Stava ancora fissando la nuova arrivata quando la vide alzarsi... nel modo più bizzarro che avesse mai visto. Non fletté un solo muscolo, sembrò quasi che una folata di vento l'avesse sollevata da terra, facendola ricadere poco più in là. Haika strinse lo straccio, iniziando a pulire il pavimento con più vigore e un'insolita allegria. Ora sì che tutto aveva un senso. Nomade. Il Signore del Fuoco li stava cercando dappertutto. Girava voce che si fossero nascosti da qualche parte nel Regno della Terra e sicuramente l'esercito avrebbe pagato non poco per vederseli consegnare. Sì. Decisamente era la sua giornata fortunata.
     
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    “Si, un bel coraggio…” ripeté con voce atona, usando le ultime parole della frase della cameriera. Non aggiunse altro.
    Désefa pensava. Una famiglia, eh? Lontana lontana. Il fuoco riscaldava lentamente la pelle intirizzita della nomade, mentre la bevanda agiva dall’interno dandole un poco di calore aggiuntivo.
    Sua mamma invece era morta. Mor-ta. Le faceva strano ripetersi questa frase. Lei neppure l’aveva vista, quando era morta. Per quanto ne sapeva poteva anche essere a spasso per Ba Sing Se, indisturbata. Non morta. Ed a lei stava anche bene così.
    Distese le gambe davanti a sé, sorseggiando la birra, di cui ormai restavano solo poche dita. Ma che razza di pensieri aveva quella sera? Non aveva mai pensato alla donna di nome Eliana da quando aveva lasciato la città insieme al nonno. Forse era stanca. Ma si, doveva essere così.

    Coraggio. Ci voleva coraggio, per andare a spasso con la pioggia? Secondo lei no. Era divertente, se avevi un aliante. E se ti piaceva bagnarti. E se non ti interessava dove stavi andando. Se eri Désefa, insomma. Perché il resto delle persone erano troppo noiose per divertirsi come lei.
    L'aliante...si ricordò di colpo di quel coso. Dove l'aveva messo? Si voltò assottigliando gli occhi. Dopo qualche istante lo inquadrò, poggiato allo stipite della porta. C'era una grossa pozza d'acqua alla sua base, ma a lei non intressava. Con due salti fu affianco al bastone, lo afferrò, gli diede una vigorosa scossa (schizzò tutto il muro d'acqua) e si riposizionò accanto al fuoco con esso, per farlo asciugare.

    La tizia adesso era più vicina e strofinava a tutto andare il pavimento bagnato. Che strano, non l’aveva vista passare lo straccio. Non si passa mai lo straccio quando ci sono ancora i clienti in giro, lo sanno tutti. Poi sporcano tutto da capo. Seguì la striscia di umidità che proveniva dalla porta, si allargava in una pozza sotto alla sedia dove era rimasta per qualche minuto e si fermava ai suoi piedi, davanti al camino.
    Il cervello le suggerì qualcosa ma a lei non andava di fare riflessioni complicate, lo zittì con uno scrollone della testa.
    I due giocatori sembravano sempre concentrati sulla loro tavola, anche se ogni tanto uno si girava e lanciava alla nuova arrivata un’occhiata di sottecchi.
    Visto che non aveva nulla da fare si rivolse di nuovo alla cameriera “Di’ un po’, ce l’avete una stalla, qui?” chiese con tono incurante, poi si scolò rumorosamente quello che restava della birra. “Mi farebbe comodo, una stalla. Sono un po’ a corto di grana, sa’ com’è, per me va benissimo anche un mucchio di paglia per dormire. Poi domani mattina riparto all’alba e tolgo il disturbo…” spiegò con tono cantilenante, quasi fosse rivolta a sé stessa più che alla sua interlocutrice. Alla fine aveva abbastanza soldi anche per dormire ma non le andava di spenderseli per una camera. Lei non ci aveva mai dormito, in una camera.
    “Ma non vi annoiate mai, a starvene lì impalati per ore?” apostrofò i due signori, con la voce più alta. Quelli si girarono guardarla, uno fece spallucce, poi si rimisero al lavoro. Le sarebbe piaciuto fare una delle sue battute ma davvero non ce la faceva più. Si voltò verso il fuoco, per scaldarsi l’altro lato del corpo. Posò il boccale a terra, affianco ai suoi piedi scalzi. E le sfuggì uno sbadiglio…
     
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    “Si, un bel coraggio…” rispose la ragazzina, lasciando cadere la discussione per perdersi nei propri pensieri. Haika aveva sperato in qualcosa di meglio, ma non si sarebbe scoraggiata. Doveva pazientare... era come cacciare le foche-leone: se le mettevi alle strette ti si rivoltavano contro e allora eri certo di fare una brutta fine. Nessun essere umano è in grado di affrontare una foca-leone in uno scontro diretto, nel mezzo del suo elemento, ed uscirne vivo. Haika era figlia di cacciatori e questo lo sapeva bene, quindi tornò ad abbassare lo sguardo sul pavimento, in attesa. Quando sarebbe venuto il momento giusto per carpire qualche informazione ne avrebbe approfittato, ma nel frattempo...

    Colse un movimento alla sua sinistra e alzò la testa. La ragazzina scattò verso la porta e lei posò entrambe le mani a terra, pronta a spingersi in piedi, pronta a scattare e correrle dietro, se necessario... ma la nomade non uscì. Aveva lasciato uno strano bastone accanto alla porta, lasciandolo grondare acqua dovunque. Non contenta iniziò ad agitarlo in giro, schizzando tutto il muro e guadagnandosi un'occhiata assassina da parte di Haika. Era capace di stare ferma tre secondi quella dannata nomade? "Pazienta... pazienta... non è il momento" si disse, strizzando di nuovo lo straccio bagnato all'interno della scodella. Quanto al muro poteva fare ben poco: in ogni caso, aspettando, si sarebbe asciugato da solo.

    Si pulì le mani nel grembiule, poi si tirò nuovamente in piedi, raggiunse la sedia sotto alla quale si era allargata una chiazza d'acqua e ricominciò da capo. Certo, se l'altra fosse stata ferma il tempo di lasciarla finire, forse si sarebbe asciugata e tutto quel lavoro non sarebbe andato sprecato. Di norma le avrebbe gridato contro, dandole una bella strigliata per tutto il casino che stava combinando, ma il timore che così facendo la sua miniera d'oro fuggisse via la trattennero. Avrebbe avuto tempo per vendicarsi e certo i soldati della Nazione del Fuoco avrebbero saputo essere molto più fantasiosi di lei riguardo ai trattamenti da riservare a quella peste e ai suoi compari.

    “Di’ un po’, ce l’avete una stalla, qui?” chiese all'improvviso. Stalla!? Per poi tagliare la corda all'alba? "Non ci contare mocciosetta" si disse Haika, ostentando un sorriso affettuoso. "Dormire nella stalla? Sotto questo diluvio? E' più probabile che tu finisca annegata!" esclamò la donna alzandosi in piedi. Raggiunse nuovamente il bancone e svuotò la ciotola piena d'acqua. "Senti, non vengo da una famiglia nobile, ma i miei qualcosa mi hanno insegnato... e una di queste cose è che non si abbandona la gente sotto una tempesta come questa. Se ti faccio dormire gratis il padrone di questa bettola come minimo mi sbatte fuori, ma se ti accontenti di poco puoi dividere la stanza con me, è sicuramente meglio che fuori, sotto quel finimondo" propose fingendosi preoccupata all'idea che l'altra dormisse all'addiaccio... e era davvero preoccupata! Anche se in realtà, la cosa che temeva, era il fatto che volesse ripartire la mattina in fretta e furia: doveva accelerare i tempi se voleva carpire qualche informazione utile a scoprire la localizzazione esatta dei nomadi fuggitivi.
     
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  9. Silian
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    “Dormire nella stalla? Sotto questo diluvio? E' più probabile che tu finisca annegata!" esclamò la cameriera, con tono sinceramente preoccupato. Subito le offrì la possibilità di fermarsi nella sua camera.
    Ma che premurosa! Dés la fissò incuriosita.
    Pensare che neanche una mezz’ora prima la stava per cacciare dalla locanda.
    Nemmeno Terfo avrebbe potuto essere più accomodante, lui che l’aveva praticamente cresciuta.
    Eh già.
    Osservò la donna tornare dietro al bancone, col suo straccio fradicio.
    Assottigliò gli occhi, soppesava la proposta. Si trattava sempre di non pagare. E questo era quello che voleva.
    Però Dès era cresciuta in mezzo alla strada. O meglio, sui tetti. E di cose ne aveva viste. Di tutti i colori. Dall’alto era tutto così chiaro. Nessuno faceva mai niente per niente. Neanche sua madre. E questa cosa le insinuava dei dubbi. Vedeva gente gabbata, derubata, ammazzata prima ancora che si rendesse conto del rischio che correva.
    Aveva sempre disprezzato quei poveri allocchi che cadevano nelle trappole del primo furfante che incontravano.

    Ed il pensiero di poter diventare presto una di loro non le garbava affatto. Doveva stare attenta. Sentì la leggera ebbrezza provocata dalla birra svanire rapidamente dalla mente, ora lucida.
    Non le piaceva quella sensazione. Di non conoscere il posto, le persone. Desiderò per la prima volta da quando era partita col nonno di trovarsi a Ba Sing Se. Lì era la sua casa. Lì poteva essere davvero libera di fare quello che le pareva. Non al tempio. Se c’era il nonno aveva un senso abitare con i bisonti. Se lui se ne volava via no. E l’aveva piantata in asso.
    Non aveva notato nulla nel comportamento della donna che le puzzasse di bruciato. Sinceramente. Faceva domande ma era normale. Era una cameriera. Sola su un’isola. Se capitava una sconosciuta ovvio che faceva domande. Quindi forse era pulita. Però all’inizio non era felice di averla tra i piedi. E le sfuggiva il motivo di un cambiamento di umore così rapido.
    Si guardò. Non aveva gioielli da rubare. Cosa poteva volere da lei?
    O era colpa del vestito da soldato?
    Forse si. Un soldato non andava mai trattato male. Soprattutto se sparava palle di fuoco dalle mani. Il motivo doveva essere quello. Ma non si invita un soldato sconosciuto a dormire nella tua stanza. Soprattutto se è di una Nazione nemica. E se la Nazione nemica ha appena raso al suolo la tua Capitale. O no?

    All’improvviso le venne un’idea. Una delle sue idee malsane. L’ombra di un ghigno fugace attraversò il visetto bambinesco della nomade. Forse doveva fare qualcosa. Giusto per essere sicura che quella là fosse davvero in buona fede. In fondo lei era bravissima in quel genere di cose. La cacciavano da qualunque posto prima ancora di riuscire a dire “buongiorno”. Ma…no. Non era una buona idea stuzzicarla. Anche se si sarebbe divertita così tanto…ma ci avrebbe rimesso comunque. Sbuffò in modo impercettibile. Non doveva tradire quello che le frullava nella zucca capelluta.
    Se fosse stata una persona malfidata l’avrebbe cacciata per esasperazione, e fin qui la cosa era comunque positiva.
    Se invece ci si poteva fidare avrebbe perso la possibilità di riposare all’asciutto. Ed era un vero peccato. Adesso che si era riscaldata al fuoco non le andava proprio di uscire di nuovo là fuori. Dés, cara mia…stai invecchiando…
    ”Per me la stalla va bene lo stesso. O se proprio non vuoi, anche la soffitta. Non vorrei mai essere troppo invadente… le rispose candida, ostentando il sorrisone più innocente del suo repertorio.
     
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    ”Per me la stalla va bene lo stesso. O se proprio non vuoi, anche la soffitta. Non vorrei mai essere troppo invadente…" fu la risposta della ragazzina e allora a Haika fu perfettamente chiara una cosa: le mancava qualche rotella di troppo. Quale persona sana di mente avrebbe riufiutato una proposta del genere? Doveva essere completamente fuori di testa... o particolarmente sospettosa. Tentare di convincerla, in quel caso, avrebbe potuto ottenere l'effetto opposto a quello desiderato. Non sapeva molto dei nomadi, ma era noto a tutti che erano difficili da avvicinare e praticamente impossibili da trattenere... avrebbe dovuto essere paziente se voleva ricavarci qualcosa da tutta quella storia. Si strinse nelle spalle, senza degnare la ragazzina di una sola occhiata: "come ti pare. Di soffitte non ne abbiamo, ma se vuoi provare l'emozione di una notte nel bel mezzo di una bufera non sarò certo io ad impedirtelo. Tra un paio d'ore chiudo, se nel frattempo cambi idea fammelo sapere" disse, sparendo per un istante oltre la porta che si apriva sulla cucina.

    Tornò poco dopo con una ciotola tra le mani, raggiunse uno dei tavoli liberi e si sedette, iniziando a sgranocchiare delle striscioline di carne essiccata. Rimase in silenzio per alcuni istanti, gustandosi il pasto. Era un piatto tipico delle tribù: al Polo non ci si poteva certo alzare la mattina, fare un giro per il deserto di ghiaccio e sperare di tornarsene a casa con la selvaggina sulle spalle, come lì nel Regno. Bisognava invece aspettare le migrazioni e solo allora si poteva avere la speranza di riuscire a mettere della carne sotto i denti. Carne che non durava a lungo e che veniva essiccata per essere aggiunta alle scorte alimentari del villaggio. Certo quella vita non le mancava... ma la carne sì! Inghiottì un secondo bastoncino. Molti lì nel Regno avrebbero storto il naso solo all'idea: carne essiccata, quando potevano averla fresca... ma non capivano. Servivano dei veri estimatori per quella roba.

    "Comunque... non credo che ci siamo presentate. Mi chiamo Hana" mentì la donna, tornado a concentrare su Désefa la sua attenzione: tutti sull'isola la conoscevano con quel nome e probabilmente i suoi fratelli sarebbero stati gli unici in grado di smascherarla... ma al momento se ne stavano molto più a sud, separati da lei da diversi chilometri di acqua e ghiaccio.
     
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  11. Silian
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    La seconda risposta le piaceva di più della prima.
    Si rilassò davanti alle braci che si spegnevano dolcemente, poggiava la schiena ad uno dei lati del grosso camino. Socchiuse gli occhi, controllando silenziosa la stanza attraverso le due fessure tra le palpebre.
    Uno dei due giocatori all’improvviso sembrò sussultare, poi tornò a fissare torvo la scacchiera. L’altro lo guardava con un sorrisetto sornione. E nessuno dei due muoveva un muscolo.
    Tremendi.
    Passò una quantità di tempo indefinibile. Poi entrambi sbadigliarono all’unisono e si guardarono negli occhi. Forse pensavano la stessa cosa. Ma nessuno dei due cambiava espressione. Si alzarono e fecero un cenno di saluto verso la cameriera che usciva i nuovo dal retro. Uno andò a posare le monete della birra sul bancone. Poi uscirono uno dopo l'altro dalla porta.
    Esitarono quando la corrente d'aria improvvisa li investì in pieno con raffiche miste a pioggia ghiacciata. Poi uscirono davvero, tutti ingobbiti. Un tuono fece tremare i vetri alle finestre della taverna.

    Era tardi, a Dés non riusciva difficile immaginare le loro mogli come due vecchie streghe armate di stendi pasta, come quelli delle monache del tempio, che li aspettavano al varco furiose per il ritardo.
    A Ba Sing Se succedeva così. Liti furibonde nel cuore della notte.
    Lei di solito si svegliava, seguiva le urla, arrivava alla casa dei due sposi felici. Si aggrappava alla grondaia della casa e si spenzolava giù fino alla finestra.
    A quel punto potevano capitare due cose. O si accorgevano di lei o no. Di solito erano le donne a vederla per prime. I mariti avevano sempre alzato troppo il gomito.
    E allora quelle si mettevano a strillare e le buttavano addosso tutto quello che capitava a tiro.
    E lei se la svignava sghignazzando.
    Una volta aveva anche acchiappato al volo una scarpa e l’aveva rispedita al mittente. Ancora rideva quando ci pensava. Oppure non la vedevano. E lei si metteva ad urlare fuori dalla finestra, dava ragione ora all’uno, ora all’altra. Quelli prima si gasavano perché qualcuno gli dava spago. Poi si accorgevano di lei.
    E lei se la svignava sghignazzando di cuore.
    Forse anche qui era uguale. Se non avesse piovuto così forte le sarebbe piaciuto seguirli e vedere se davvero le signore erano così tremende. Quanto era che non assisteva ad una bella rissa? Ooooh, sembravano secoli! La cosa più divertente era quando la moglie rincorreva il marito per la strada agitando un coltellaccio da cucina. O lo stendi pasta. Se poi urlava era ancora meglio. Se poi si svegliava tutto il vicinato c’era da morire dal ridere.

    Nel frattempo la cameriera si era seduta e smangiucchiava della roba secca. Non si capiva che era. Non scricchiolava se la mordevi e dovevi masticarla trenta volte prima di mandarla giù. "Comunque... non credo che ci siamo presentate. Mi chiamo Hana" disse quella all’improvviso. ”Ciao Hana. Io sono Vimala” cinguettò lei di rimando, aprendo di colpo tutti e due gli occhi. ”La roba che mangi viene dal tuo villaggio vicino a Wu Long, vero? Sembrano suole di scarpa fatte a striscioline…” continuò imperterrita. ”Ma perché sei venuta a vivere proprio su questo sputo di terra?” chiese, sporgendosi in avanti verso di lei. ”Di solito quelle che vanno a fare le cameriere lo fanno solo per accalappiare qualche cliente con molti soldi...” recitò con tono sfacciato ”Qui l'unica cosa che puoi trovare è un cavallostruzzo zoppo.” concluse con tono sentenzioso. Poi le venne in mente all'improvviso una cosa di vitale importanza ”Le donne che vivono qui, ce l'hanno lo tnsipasta a casa?” domandò col tono di una che ha un vitale bisogno di ottenere un'informazione essenziale. Nel farlo si sporse ancora di più in avanti, allungando il collo. I capelli le ricaddero davanti al viso e lei li riacciuffò radunandoli in due grosse ciocche, una in ciascuna mano, e li sostò dal viso come fossero due tendine nere. Poi di nuovo sfoderò uno dei suoi ghigni demoniaci.


     
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    Vimala, huh? Un nome da nomade: aveva visto giusto. Si trattenne tuttavia dall'esultare. Era ancora presto e non aveva ancora un piano degno di tale nome. Quella piccola peste avrebbe potuto tagliare la corda in qualunque momento, beffandola. "Uhouhouho! Piano! Respira! Certo che sei un tipo curioso tu!" rispose con un sorriso, poi si appoggiò contro lo schienale di legno della sedia, alzò una delle striscioline di carne fin sopra la propria testa e se lo lasciò cadere in bocca, inghiottendolo in un colpo solo. "Non troverai niente del genere da queste parti: questa è una vera prelibatezza, importata direttamente dalla Tribù dell'Acqua del Sud... e salata al punto giusto!" esclamò con evidente soddisfazione "se preferisci mangiare scarpe... buon per te!" rispose, iniziando a sgranocchiare un'altra strisciolina e approfittando di quegli istanti di forzato silenzio per mettere insieme una storia credibile.

    "Hai davvero un'ottima considerazione delle cameriere, huh?" borbottò, facendo spuntare un sorriso sarcastico, poi alzò gli occhi al cielo, sospirando con fare melodrammatico "potrei sentirmi offesa per queste basse insinuazioni: credi davvero che sia tanto stupida!? Credi che a Ba Sing Se sia meglio? No... te lo dico io! Qui siamo nel bel mezzo del nulla, l'unico approdo in caso di incidenti; passano carovane, mercantili, soldati... tutti bisognosi di aiuto" elencò, contandoli avidamente sulle dita. Eh, sì... le sarebbe piaciuto mettere le mani su un mercantile... ma con quel tempo infernale non ce n'era uno in circolazione! Inutile rischiare di mettersi per mare senza notizie certe. Dannata bufera!

    ”Le donne che vivono qui, ce l'hanno lo tnsipasta a casa?” chiese la nomade all'improvviso. Haika le lanciò un'occhiata perplessa: "tsincosa? Mai sentito. Raccontami di te, invece. Dove hai abbandonato il resto del tuo plotone? C'era qualche nobile, per caso? Sai, non mi ci vedo molto nella Nazione del Fuoco, ma se è sufficientemente ricco potrei adattarmi" disse con una smorfia, fingendo di valutare la possibilità.
     
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  13. Silian
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    Dés fissò la cameriera sgranocchiare un altro pezzo di quella roba marrone, masticando tutta soddisfatta. Le piaceva la cucina etnica allora? E come cavolo aveva fatto a trovarla in giro? Mah, i mercantili gettavano l’ancora un po’ ovunque. Tranne che nell’entroterra. Ma coma faceva a mangiare una robaccia del genere lo sapeva solo lei. Dés invece non voleva saperlo, proprio no. Meglio una birra che masticare scarpe vecchie.

    Rispose al sorriso plateale di Hana con un ghigno ancora più largo. Si vedeva lontano un chilometro che non si era offesa. Cominciava a starle simpatica, quella Hana. Forse avevano qualcosa in comune. Forse.

    “STEN-DI-PAS-TA” articolò esageratamente la ragazza, terminando con un sonoro sbadiglio l’ultima sillaba. “Un coso lungo e rotondo che si usa per fare le focacce e per picchiare gli uomini ubriachi” spiegò con pazienza alla sua interlocutrice, e poi faceva il gesto di dare in testa un bastone a qualcuno. Possibile che non ne avesse mai sentito parlare? E come faceva a cacciare i clienti ubriachi senza? Bisognava ASSOLUTAMENTE che se ne procurasse uno.

    “Plotone?! Uh, huhuhuhuhu….” Iniziava a sghignazzare sempre più forte, fino a trovarsi sdraiata a pancia all’aria sulla pietra del camino ormai spento. L’idea che lei facesse parte dell’esercito era RIDICOLA. Più ci pensava più era scossa da attacchi di ridarella. Le scendevano delle lacrime sulle guance. Si riprese a fatica e si asciugò le lacrime con le maniche dell’uniforme. “Il mio plotone?” ripeté con aria divertita, mentre organizzava i pensieri in modo da inventare una delle sue balle più divertenti “Il mio plotone è ovvio che ha un nobile. Quelli stanno dappertutto, come le zanzamosche. Spara palle di fuoco che è una meraviglia, whooosh!” disse mimando il gesto di lanciare una fiammata in avanti, come aveva visto fare a sua sorella qualche mese prima “E sono quelli che fanno più casino quando ti allacci queste trappole per topi al contrario” continuò indicando la parte superiore della divisa, stranamente abbottonata per il verso giusto.”Io sono in permesso premio” sentenziò con aria professionale. Era una parola che aveva sentito dire da uno dei soldati di Iris mentre veniva curata dall’ustione di sua sorella. “Stiamo rientrando a casa ma è difficile che ti possiamo dare un passaggio. Niente civili a bordo!” esclamò, agitava in aia il dito indice e manteneva la sua aria professionale, senza cedere ai ghigni che lottavano per venire allo scoperto. “Però nella Capitale ci sono un sacco di osterie” azzardò con aria seria. Perché era ovvio che dove c’era una capitale dovevano esserci tante osterie. “Osterie piene di soldati che si ubriacano tutti insieme e poi si prendono a palle di fuoco. Poi prende fuoco anche il sakè. Poi esplodono le botti e alla fine va a fuoco tutto il quartiere. Nella Nazione del Fuoco ci sono sempre incendi. Se no perché dovrebbe chiamarsi Nazione del Fuoco?” chiese con aria saggia, aprendo all’infuori i palmi delle mani. “Però se sei gentile con i soldati ti danno delle belle mance…se riesci a non farti dare fuoco si guadagna molto bene come cameriera” concluse ammiccando. Si, era stato un discorsetto con i fiocchi. “e io comunque mi ci tengo alla larga finché posso, da quelli. Solo che mi sono allontanata e poi è venuto giù questo putiferio. Ma tanto quelli non possono ripartire prima che finisce di piovere, proprio no, quindi anche se sto qui va bane lo stesso” brontolò con aria piccata, come se volesse difendersi da delle accuse immaginarie dei suoi commilitoni. Incrociò le braccia e fissò il carbone spento nel camino. Era buffo come volasse la cenere quando ci soffiavi sopra. Non se ne era mai accorta prima. Volava meglio delle foglie secche quando ci passava il vento. Senza pensarci iniziava proprio a sbruffare via trucioli grigi dalla cappa del camino, facendoli svolazzre allegramente per la stanza. Chi avrebbe mai detto che il fuoco era così divertente anche da spento?
     
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    “STEN-DI-PAS-TA” scandì la nomade travestita da soldato. Ma che aveva per la testa, quella!? Aria? Perché sembrava che i suoi pensieri non seguissero alcun filo logico, la coerenza non era proprio qualcosa per lei. Haika sospirò... sarebbe stata una lunga serata con quella lì da tenere d'occhio. Un fulmine squarciò il cielo, illuminando a giorno la taverna "non lo so, tesoro, ma se ti interessa Kamal, il nostro cuoco ne ha uno. Poi a cosa lo usa non so... c'è una ragione se non hanno messo me in cucina" disse, cominciando a sgranocchiare un altro di quei suoi gustosi bastoncini di carne essiccata.

    "Il mio plotone è ovvio che ha un nobile." proseguì l'altra, che evidentemente si era già stufata di discutere di pasta. Haika aveva ormai rinunciato da alcuni minuti a seguire i ragionamenti della ragazzina, quello che le interessava era che si parlava di soldati. Chissà se ne aveva visti in giro! "A dire la verità pensavo si chiamasse Nazione del Fuoco per via dei vulcani: una volta è passato di qui un ricco mercante, mi ha raccontato che ci sono delle isole meravigliose con l'acqua limpida e una temperatura molto migliore di quella che abbiamo qui. Diceva che lì non piove mai... chissà se la Nazione del Fuoco farebbe a cambio con noi..." disse. Fece appena in tempo a finire la frase che la porta si aprì di scatto, sbattendo violentemente contro il muro. Haika imprecò tirandosi in piedi, mentre il vento spingeva l'acqua all'interno della sala.

    "E avevo appena finito di asciugare" protestò, fermando la porta con una sedia: "ti divertirai là fuori questa notte" commentò sarcastica. In fondo non tutto il male veniva per nuocere... forse sarebbe davvero riuscita a convincere quella mocciosa svampita a restare lì a dormire con lei. Tornò alla sua sedia, decisa a finire la sua cena prima di rimettersi a sistemare. Cosa garantiva, infatti, che una nuova folata di vento non l'avrebbe costretta a ricominciare da capo? Niente!

    "Comunque..." risprese, lanciando un'occhiata in direzione del finto soldato "sei fortunata. Deve essere un bel mestiere, il tuo! Sempre in giro, sempre in mezzo a qualche emozionante avventura! La cosa più emozionante che capita qui è quando la gente comincia a bere troppo... dominatori del fuoco non ne ho ancora visti, ma ti assicuro che i dominatori della terra non sono da meno quando iniziano a menare le mani. Uomini! Devo ancora capire che gusto ci trovano ad azzuffarsi come degli adolescenti. Ma parlami di te, su! Avrai fatto chissà quanti viaggi! Immagino che il tuo plotone sia di stanza qui vicino... sai, mi piacerebbe infinitamente conoscere qualche soldato... sì, beh, poi... potendo scegliere preferirei quello nobile... che tipo è? Ho sentito dire che quelli della Nazione sono piuttosto schizzinosi" raccontò, nel tentativo di farla parlare. Se solo avesse saputo qualcosa di più sui nomadi... informarsi sempre sulla propria preda! Così si comportava un vero cacciatore... ma non aveva mai considerato una simile eventualità.

    Se nemmeno l'intero esercito del Signore del Fuoco era riuscito a trovare un solo nomade che speranze aveva lei di riuscirci? E anche ammesso che ne avesse trovato uno, come poteva pensare di catturarlo e tenerlo buono il tempo necessario ad avvisare i soldati? No... a lei piaceva andare sul sicuro, i mercantili erano una preda molto più facile. E poi che altro interesse poteva avere per dei nomadi? Tutti sapevano che disprezzavano le ricchezze, s avesse tentato di derubarli non ci avrebbe guadagnato un soldo bucato!
     
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  15. Silian
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    Anno 1, Mese 3, Giorno 2, Post 20, sera.

    [exp 7720 DÉSEFA #0082C3 (30r100x2)] [DENARO: 190 Mo RdT; DEPOSITATO: conto ABBIGLIAMENTO: uniforme soldato NdF] [EV: 800, ABILITA': *schivata veloce* ARMATURA: //, ARMI: aliante]

    ”Bah, sempre di fuoco si parla” minimizzò Désefa, si arrotolava una ciocca di capelli corvini intorno all’indice della mano destra e poi studiava la ciocca arricciolata con aria annoiata. ”Però piove anche là” sentenziò con aria sicura e lasciò andare di colpo i capelli, che ricaddero arruffati sulla sua scapola. ”Ma la pioggia è calda, sai?” cinguettò con aria convincente ”E no, scordati che un solo sputafuoco lasci la sua tana sotto al vulcano. Ci piace troppo tenere il didietro al caldo, è per quello che sono venute le aeronavi ed hanno bruciato tutto. Così stavano al caldo anche quelli di Ba Sing Se e capivano chi è che ha la Nazione più bella” spiegò con aria tutta compiaciuta. In realtà non aveva idea del motivo dell'invasione. Altra cosa che avrebbe dovuto chiedere ad Iris. Doveva chiedere davvero tante cose, a sua sorella.

    Un gesto impercettibile del dito indice, quello su cui si era arricciata i capelli. Un gesto leggero, come ad invitare qualcuno ad entrare. Chi? Ovvio, quel ventaccio fracassone che strillava da ore là fuori. Entrò ululando e spalancò la porta di botto, mandandola a sbattere contro il muro. Tutto il pavimento si spruzzava d’acqua ad una velocità impressionante. E quindi la cameriera era costretta ad interrompersi di nuovo ed alzarsi per bloccare l’ingresso. Dés poggiò un gomito sul tavolo ed il mento sulla mano; coprì le labbra con le dita, proprio mentre si piegavano in un ghigno. Lasciò che i capelli le ricadessero scompigliati sulla faccia per coprire il lampo che le aveva attraversato gli occhi grigi. Continuava a fare domande sulla Nazione del Fuoco. Peccato che lei, nella Nazione del Fuoco, non ci avesse mai messo piede. Solo sua mamma ci era stata. Ci era nata, veramente. E poi era venuta a Ba Sing Se. Il suo braccialetto veniva da lì, con quelle pietruzze nere stranissime. Ma lei non c’era mai neanche andata a visitarla. E se quella faceva tante domande prima o poi scopriva qualcosa. Quindi meglio farla pensare ad altro. No?

    Quando si rimise a sedere infatti aveva cambiato già argomento. Quasi. Stavolta voleva sapere di dominatori. Ma almeno non si doveva inventare altre cose su un posto che non aveva mai visto. Gli uomini, alla fine, erano tutti uguali. E lei ne aveva visti, di uomini, passare dalla taverna di Terfo. Inventare qualcosa di credibile non era certo un problema stavolta. Quel gioco nuovo la stava proprio divertendo. Avrebbe dovuto travestirsi da soldato più spesso! ”Se ti piace sbudellare è il mestiere migliore del mondo…” iniziò con un’aria decisamente ispirata ”Tanto ci caricano sempre sulle aeronavi e non si vede nemmeno dove stiamo andando. Poi ci scaricano, noi radiamo al suolo, risaliamo sulla nave e torniamo a casa. Lavoretto facile facile, no?" chiocciò con aria di superiorità. "Si, beh, il mio plotone non è poi così lontano…ma non eri tu quella che si offende quando si insinuano certe cose? ridacchiò assottigliando gli occhi. ”Quelli nobili sono i più schizzinosi di tutti, ma i soldati quando sono lontani da casa non vanno tanto per il sottile…” cinguettò con aria di chi la sa lunga ”E diventano molto più…socievoli…quando bevono un pochetto. Poi si prendono a palle di fuoco pure loro ma alla fine si divertono così. Alla fine della zuffa contano chi ha più scottature e gli offrono da bere tutti quanti. Così si ubriaca per bene e non sente il bruciore delle ferite. Carino da parte loro, no? Invece il capitano sta sempre per fatti suoi, si fa lucidare gli stivali da cinque uomini ed ha altre sei reclute che gli puliscono l’armatura. Il suo rinoceronte è il più grosso e puzzolente del reggimento. Quello no, lascialo perdere. Ma se ti contenti dei soldati, ce ne sono anche alcuni simpatici finché non sparano palle di fuoco…” continuò con tono saggio. Chi lo sa se si stava bevendo quel mucchio di panzane. Era una cameriera. Non c’era da scommetterci ma finché il gioco reggeva…
     
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